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Livio Magnini

Inauguriamo la nostra nuova rubrica I Live Art, dedicata ad un gruppo di persone che sono riuscite a fare della propria passione artistica un lavoro, coronando il sogno nel cassetto o investendo completamente nelle proprie abilità. Troverete diversi episodi in cui abbiamo fatto quattro chiacchiere con loro, per farci ispirare di fronte ad una tazza di caffè. Quello di oggi è dedicato a Livio Magnini, scopritelo nella nostra intervista!

Intervista

ILA: Com’è iniziata la tua carriera?
LIVIO: In realtà quando avevo 3 anni, perché giravo per casa cercando di percuotere e riprodurre suoni in qualsiasi modo fosse possibile. Poi all’asilo ho scoperto un corso di flauto e da lì ho iniziato ad appassionarmi alla musica in tutto e per tutto ed è un amore che non è mai terminato.
Il mio primo ricordo legato alla musica è proprio una lezione di flauto in cui eseguivo un pezzo che per anni ha accompagnato una famosa pubblicità e che ha ossessionato più o meno tutte le generazioni che sono nate dal ‘73 in avanti.

ILA: Sappiamo che in passato sei stato anche un atleta...
LIVIO: Ancora prima della passione musicale, ho palesato in modo chiaro quella per le spade. Qualsiasi cosa succedesse in televisione che avesse a che fare con cappa e spada, moschettieri e corsari, mi faceva impazzire. Diversamente dagli altri bambini, invece di dire a mia madre di iscrivermi a calcio, ho detto che volevo fare scherma.

ILA: Che analogie ci sono con la tua esperienza musicale?
LIVIO: Ci sono momenti che richiedono la stessa preparazione, la stessa tensione, lo scarico emotivo oppure la carica di adrenalina. Quando finisci un concerto o una gara di scherma aumenta l’energia che ti scorre dentro: dovresti sentirti appagato invece è come se fosse l’inizio di tutto.

ILA: Qual è il tuo rapporto con il resto dei Bluvertigo?
LIVIO: Di amore e odio come ogni rapporto che esiste tra musicisti che passano una vita insieme. Ormai sono 20 anni ed è come avere altre 3 fidanzate. Ha i suoi pro e i suoi contro. Fondamentalmente con ognuno c’è un rapporto differente che si basa sulle esperienze che ci sono state. È difficile pensare a un percorso musicale senza di loro e allo stesso tempo è necessario pensarlo. In qualche modo ci si riattiva a vicenda ma anche il non frequentarsi porta sempre a qualcosa di nuovo e imprevedibile.

ILA: Dove nasce la creatività? È frutto di un processo rigoroso o è figlia di qualcosa di più estemporaneo?
LIVIO: Non ho dei passi fondamentali. La creatività parte dal tentativo di riprodurre qualcosa che ti è rimasto nella RAM, di cui sei inconsapevole. Ho capito che ogni volta in cui devo cercare il mio processo creativo, devo capire dove voglio arrivare. La cosa più importante è poi cercare di costruire un legame con le persone con cui sto lavorando.

ILA: Qual è l’oggetto a cui sei più legato e che porti sempre con te?
LIVIO: Ci sono diversi oggetti che ogni volta ritrovo sul mio percorso: è come se mi dessero una sorta di sveglia psicologica, mi ricordassero dei momenti importanti di quello che ho fatto. Uno sicuramente è la mia sciabola, avendo fatto parte della Nazionale Italiana per 13 anni. La sciabola è uno degli oggetti che mi si ripropone di più, anche nei miei sogni.
Un secondo oggetto è la mia chitarra comprata in un momento di follia. Quando l’ho riguardata non era esattamente quello che volevo, però è come se descrivesse un po’ me stesso come musicista.

ILA: Come vivi un momento di pausa?
LIVIO: Penso che la cosa più semplice per entrare in pausa anche mentalmente è fare un gesto semplice. Qualcosa che coinvolga più sensazioni. Una pausa non può mai essere solo un momento in cui non fai nulla perché non riesci a rilassarti. Osservare qualcosa, assaggiare qualcosa che coinvolga comunque più sensi in modo da distrarre il cervello e il corpo.

Seguiteci per scoprire i prossimi episodi!

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